Il buco dell’ozono e l’Artide

Originale

Le proiezioni per il futuro indicano un ripristino completo dello strato di ozono nelle aree polari entro l’anno 2060. Per il resto del pianeta le proiezioni sono ancora più ottimistiche. Tuttavia, finché i livelli di CFC in atmosfera rimangono elevati, la situazione in Artide può riservare brutte sorprese.

Abbiamo già scritto su queste pagine a proposito della distruzione dell’ozono stratosferico in Antartide e rimandiamo per questo il lettore al post precedente per ricordare gli aspetti più importanti di questo fenomeno.

Sappiamo già quindi che la distruzione stagionale di ozono stratosferico avviene prevalentemente sopra il continente antartico dove ogni anno, a partire dai primi anni ‘80, il cosiddetto “buco” nello strato di ozono si forma, si sviluppa e si chiude nel giro di pochi mesi. Abbiamo scritto che negli ultimi 15-20 anni è stata osservata una riduzione dei CFC in atmosfera e come diretta conseguenza l’estensione del buco sopra l’Antartide non è più aumentata ma è rimasta approssimativamente costante. Addirittura nel 2019 si è verificata la minor distruzione di ozono mai osservata sopra l’Antartide dai primi anni ‘80 ad oggi (vedere anche qui).

Per l’Artide il discorso è diverso. Qui raramente si assiste ad una importante distruzione di ozono, ma le modifiche che stanno caratterizzando l’atmosfera terrestre a seguito del cambiamento climatico potrebbero cambiare questa condizione e far assomigliare sempre di più  il vortice artico a quello antartico.

Questo potrebbe portare nei prossimi anni ad un aumento della distruzione di ozono in Artide.

Cerchiamo di chiarire la complessa questione.

Il vortice polare artico non è un’efficace barriera tra la fredda aria polare e la più mite aria delle medie latitudini, come lo è invece quello antartico. Solo in presenza di aria particolarmente fredda all’interno del vortice si ha la formazione delle nubi stratosferiche polari sulle quali poi avvengono importanti reazioni chimiche che coinvolgono i CFC di origine antropica e portano alla distruzione dell’ozono. Il vortice artico quindi solitamente non mantiene l’aria al suo interno sufficientemente fredda, come avviene invece nel caso del vortice antartico. Ci sono inverni in cui il vortice artico è particolarmente debole e poco duraturo ed inverni in cui è più resistente ed isolante, permettendo la formazione di nubi stratosferiche e portando alla distruzione di un certo quantitativo di ozono alla fine dell’inverno ed all’inizio della primavera.

La distruzione stagionale di ozono stratosferico in Artide è quindi molto variabile da un anno all’altro e solitamente di modesta entità. Finora, solo a Marzo 2011 si era registrata una perdita di ozono comparabile a quella del buco antartico.

Scriviamo “finora” perché quest’anno la distruzione di ozono in Artide sta raggiungendo valori mai osservati prima nell’emisfero settentrionale.

Nonostante il processo di distruzione sia ancora in corso ed il bilancio complessivo della stagione si possa quantificare solo ad Aprile, è evidente che quest’anno abbiamo assistito alla formazione del secondo (in ordine di tempo) e probabilmente del più importante “buco” di ozono artico.

Per avere una misura dell’importanza della distruzione di ozono in questa stagione 2019/20 è utile confrontarla con quella dell’inverno/primavera 2010/11 ampiamente studiata dagli esperti.

Nella loro importante pubblicazione sulla rivista Nature, a proposito dell’inverno 2010/11, un folto gruppo di ricercatori guidati dalla scienziata americana Gloria Manney scrive:

“in Artide la perdita di ozono nella primavera 2011 ha superato di gran lunga quelle osservate in qualunque altro precedente anno. Per la prima volta la perdita di ozono è stata sufficientemente intensa da poter essere ragionevolmente descritta come un buco di ozono artico.” 

Generalmente, per misurare la quantità di ozono presente in atmosfera in un determinato punto della Terra si usano le unità Dobson (DU). Queste indicano la quantità totale di ozono contenuta in una colonna d’aria che va dal suolo alla sommità dell’atmosfera terrestre (e chiamata ozono totale). È questo il fattore predominante che determina quanta radiazione ultravioletta proveniente dal Sole raggiunge la superficie terrestre.

Ebbene, mentre solitamente nel mese di marzo, in tutta l’Artide, l’ozono totale è sempre superiore a 275 DU (considerato un livello di riferimento per l’ozono), durante buona parte di Marzo 2011 l’ozono totale è stato misurato sotto le 275 DU in circa il 40% dell’area all’interno del vortice polare.

Nel seguito sono riportate alcune mappe del contenuto colonnare di ozono sopra l’Artide per il giorno 16 Marzo (scelto come esempio) negli anni 2011 e 2020.

Traduzione

The Arctic and the Ozone Hole

Forecasts suggest that the ozone layer in the polar areas will fully regenerate by 2060. The outlook for the rest of the world is much more optimistic. However, there may be unpleasant surprises in the Arctic as long as CFC levels in the atmosphere remain high.

The depletion of stratospheric ozone in Antarctica has already been discussed on these pages, and we refer the reader to the previous post to review the most relevant features of this phenomenon.

We already know that the yearly degradation of stratospheric ozone happens mostly over the Antarctic continent, where the so-called hole in the ozone layer opens, develops, and closes in a matter of months every year since the early 1980s. We previously said that a decrease in CFCs in the atmosphere has been noticed in the last 15-20 years, and as a result, the size of the hole over Antarctica has not increased but has remained about constant. Indeed, in 2019, the least ozone breakdown over Antarctica has been recorded since the early 1980s (See also here).

It's a different story in the Arctic.
We rarely observe significant ozone depletion here, but variations to the Earth's atmosphere because of climate change may alter this state, making the Arctic vortex increasingly resemble the Antarctic one.

This could lead to an increase in ozone depletion in the Arctic in the future years.

Let's clarify this complicated issue.

Between the cold polar air and the milder mid-latitude air, the Arctic vortex is not a barrier as effective as the Antarctic one.

Polar stratospheric clouds arise only in the presence of exceptionally cold air inside the vortex. The depletion of ozone is then caused by important chemical processes involving CFCs of anthropic origin. As a result, unlike the Antarctic vortex, the Arctic one normally does not keep the air within sufficiently cold. There are years when the Arctic vortex is especially weak and short-lived, and winters when it is more resistant and insulating, allowing stratospheric clouds to build and ozone to be depleted in late winter and early spring.

As a result, the annual degradation of stratospheric ozone in the Arctic varies greatly from year to year and is usually minimal. So far, an ozone loss comparable to the Antarctic hole occurred only in March 2011.

We write “so far” because ozone depletion in the Arctic this year is at unprecedented levels.

Although the destruction process is still in progress, and the season's outcome will be determined in April, this year we have witnessed the formation of the second (in order of time) and probably most important “hole” of Arctic ozone.

It is useful to compare the relevance of ozone degradation in the current season 2019/20 with that in the winter/spring of 2010/11, which has been extensively studied by experts.

A large group of academics, led by American scientist Gloria Manne, write in their major publication in Nature about the winter of 2010/11:

“Spring 2011 saw considerably more ozone loss in the Arctic than any previous year. For the first time, the loss of ozone in the Arctic was severe enough to be described as an Arctic ozone hole.”

Generally, the amount of ozone in the atmosphere at a certain point on Earth is measured using Dobson Units (DU). Dobson Units indicate the total amount of ozone in a column of air that goes from the ground to the top of the Earth's atmosphere (called total ozone).  The amount of UV radiation reaching the Earth's surface is largely determined by this component.

During much of March 2011, total ozone was below 275 DU in around 40% of the area within the polar vortex, while the usual total ozone in the Arctic is always higher than 275 DU (considered a reference level).

The maps below show the ozone columnar content above the Arctic on March 16th in 2011 and 2020 (as an example).